|
|
|
Questa sezione è dedicata ad aggiornamenti ed approfondimenti scientifici sul tema alimentazione, nutrizione e salute
Distrazione durante il pasto e assunzione di cibo
Oldham-Cooper RE, Hardman CA, Nicoll CE, Rogers PJ, Brunstrom JM.
Am J Clin Nutr. 2010 Dec 8.
Studi recenti hanno dimostrato che la distrazione durante i pasti, ad esempio guardando la televisione o ascoltando della musica, induce ad assumere più rapidamente una maggiore quantità di cibo, probabilmente a causa della ridotta percezione degli stimoli della sazietà. Distogliere l’attenzione dal pasto potrebbe però alterare anche il processo mnemonico che regola l’appetito e l’assunzione di cibo al pasto successivo.
22 volontari sani sono stati invitati a giocare al solitario al computer durante un pasto con caratteristiche definite (per orario, sequenza, tipologia, quantità e tempi di presentazione degli alimenti). Al termine del pasto sono stati valutati l’immediato senso di sazietà e il ricordo del tipo e della sequenza degli alimenti assunti; quindi è stata misurata la quantità di biscotti assunti dopo 30 minuti con un test il cui scopo dichiarato era il confronto dei diversi gusti. Confrontando i risultati con quelli ottenuti da altri 22 soggetti che hanno consumato il pasto senza giocare, è emerso che la distrazione induceva un minore senso di sazietà e un ricordo più impreciso degli alimenti assunti. Inoltre, i soggetti distratti dal gioco hanno assunto inavvertitamente, nel test successivo al pasto, quasi il doppio dei biscotti consumati dai soggetti di controllo.
Queste osservazioni, che confermano che la distrazione (non solo vedere la televisione ma anche giocare al computer) durante un pasto è in grado di influenzare il consumo di cibo nell’arco della giornata sia negli uomini che nelle donne, possono avere particolare rilevanza nella definizione di strategie mirate alla riduzione del rischio di sovrappeso e obesità nella popolazione generale.
22 volontari sani sono stati invitati a giocare al solitario al computer durante un pasto con caratteristiche definite (per orario, sequenza, tipologia, quantità e tempi di presentazione degli alimenti). Al termine del pasto sono stati valutati l’immediato senso di sazietà e il ricordo del tipo e della sequenza degli alimenti assunti; quindi è stata misurata la quantità di biscotti assunti dopo 30 minuti con un test il cui scopo dichiarato era il confronto dei diversi gusti. Confrontando i risultati con quelli ottenuti da altri 22 soggetti che hanno consumato il pasto senza giocare, è emerso che la distrazione induceva un minore senso di sazietà e un ricordo più impreciso degli alimenti assunti. Inoltre, i soggetti distratti dal gioco hanno assunto inavvertitamente, nel test successivo al pasto, quasi il doppio dei biscotti consumati dai soggetti di controllo.
Queste osservazioni, che confermano che la distrazione (non solo vedere la televisione ma anche giocare al computer) durante un pasto è in grado di influenzare il consumo di cibo nell’arco della giornata sia negli uomini che nelle donne, possono avere particolare rilevanza nella definizione di strategie mirate alla riduzione del rischio di sovrappeso e obesità nella popolazione generale.
Sonno e grassi e carboidrati della dieta
Weiss A, Xu F, Storfer-Isser A, Thomas A, Ievers-Landis CE, Redline S.
Sleep 2010 33(9):1201-1209
Diversi studi hanno confermato l’esistenza di un’associazione tra la riduzione del tempo dedicato al sonno e l’aumento di peso negli adulti, nei bambini e negli adolescenti di sesso maschile. Tuttavia non è ancora stato chiarito se il sonno influenzi l’appetito, la termoregolazione, l’attività fisica o il metabolismo.
Gli autori di questa ricerca hanno studiato la durata del sonno nei giorni feriali, misurata con un actigrafo da polso, e le abitudini alimentari, di 240 ragazzi di età compresa tra 16 e 19 anni, partecipanti al Cleveland Children’s Sleep and Health Study. Suddividendo gli adolescenti in due gruppi in base al numero di ore dedicate quotidianamente al sonno, essi hanno osservato, tra gli adolescenti che dormivano meno di 8 ore, una maggiore prevalenza di obesità, un introito calorico complessivo più elevato con una quota maggiore di calorie derivate dai grassi e minore di calorie associate ai carboidrati, e una maggiore assunzione di calorie tra le 5 e le 7 del mattino, rispetto a coloro che dormivano regolarmente più di 8 ore. D’altra parte ogni ora di sonno in più è risultata associata alla riduzione di circa il 21% delle calorie da snack o fuoripasto, soprattutto per le ragazze.
Queste osservazioni suggeriscono che una quantità insufficiente di tempo dedicato al sonno si associ anche all’adozione di comportamenti che favoriscono l’obesità come l’eccessivo consumo di cibi ricchi di grassi e l’abitudine a mangiare nelle primissime ore del mattino e sottolineano l’importanza di una maggiore attenzione al sonno nella definizione dei programmi per il controllo del peso.
Gli autori di questa ricerca hanno studiato la durata del sonno nei giorni feriali, misurata con un actigrafo da polso, e le abitudini alimentari, di 240 ragazzi di età compresa tra 16 e 19 anni, partecipanti al Cleveland Children’s Sleep and Health Study. Suddividendo gli adolescenti in due gruppi in base al numero di ore dedicate quotidianamente al sonno, essi hanno osservato, tra gli adolescenti che dormivano meno di 8 ore, una maggiore prevalenza di obesità, un introito calorico complessivo più elevato con una quota maggiore di calorie derivate dai grassi e minore di calorie associate ai carboidrati, e una maggiore assunzione di calorie tra le 5 e le 7 del mattino, rispetto a coloro che dormivano regolarmente più di 8 ore. D’altra parte ogni ora di sonno in più è risultata associata alla riduzione di circa il 21% delle calorie da snack o fuoripasto, soprattutto per le ragazze.
Queste osservazioni suggeriscono che una quantità insufficiente di tempo dedicato al sonno si associ anche all’adozione di comportamenti che favoriscono l’obesità come l’eccessivo consumo di cibi ricchi di grassi e l’abitudine a mangiare nelle primissime ore del mattino e sottolineano l’importanza di una maggiore attenzione al sonno nella definizione dei programmi per il controllo del peso.
Dieta mediterranea e diabete
Salas-Salvadó J, Bulló M, Babio N, Martínez-González MA, Ibarrola-Jurado N, Basora J, Estruch R, Covas MI, Corella D, Arós F, Ruiz-Gutiérrez V, Ros E; For the PREDIMED Study investigators. Diabetes Care. 2010 Oct 13.
La correzione dello stile di vita, e quindi delle abitudini alimentari, è particolarmente efficace nella prevenzione del diabete di tipo 2, soprattutto quando si associa alla riduzione del peso corporeo, come accade con i regimi dietetici ipolipidici. Tuttavia i risultati di alcuni studi prospettici suggeriscono che la dieta mediterranea possa avere un effetto preventivo nei confronti del diabete, indipendentemente dal calo ponderale.
418 soggetti non diabetici, di età compresa tra 55 e 80 anni e ad elevato rischio cardiovascolare arruolati nella regione nord orientale della Spagna per lo studio PREDIMED, sono stati assegnati in modo randomizzato a tre schemi dietetici normocalorici: una dieta di controllo ipolipidica, un dieta mediterranea arricchita con olio extravergine di oliva (1L alla settimana) e una dieta mediterranea arricchita con frutta in guscio (30 g al giorno). Dopo un periodo di osservazione di 4 anni, l’incidenza di diabete di tipo 2 era significativamente ridotta nei soggetti a dieta mediterranea sia con olio extravergine d’oliva che con frutta secca. In questi due gruppi il rischio relativo di sviluppare diabete di tipo 2 è risultato ridotto circa del 50 % rispetto al gruppo di controllo. I benefici della dieta mediterranea erano indipendenti dagli effetti sul peso corporeo e dal livello di attività fisica, ma proporzionali al grado di aderenza allo schema dietetico raccomandato.
Secondo gli autori dello studio questi risultati ottenuti in una popolazione ad elevato rischio cardiovascolare indicano che l’educazione ad uno stile di vita corretto e ad una dieta ricca digrassi insaturi come quella mediterranea, possa rappresentare una strategia efficace per ritardare o prevenire l’insorgenza di diabete di tipo 2, oltre che di altre patologie croniche.
418 soggetti non diabetici, di età compresa tra 55 e 80 anni e ad elevato rischio cardiovascolare arruolati nella regione nord orientale della Spagna per lo studio PREDIMED, sono stati assegnati in modo randomizzato a tre schemi dietetici normocalorici: una dieta di controllo ipolipidica, un dieta mediterranea arricchita con olio extravergine di oliva (1L alla settimana) e una dieta mediterranea arricchita con frutta in guscio (30 g al giorno). Dopo un periodo di osservazione di 4 anni, l’incidenza di diabete di tipo 2 era significativamente ridotta nei soggetti a dieta mediterranea sia con olio extravergine d’oliva che con frutta secca. In questi due gruppi il rischio relativo di sviluppare diabete di tipo 2 è risultato ridotto circa del 50 % rispetto al gruppo di controllo. I benefici della dieta mediterranea erano indipendenti dagli effetti sul peso corporeo e dal livello di attività fisica, ma proporzionali al grado di aderenza allo schema dietetico raccomandato.
Secondo gli autori dello studio questi risultati ottenuti in una popolazione ad elevato rischio cardiovascolare indicano che l’educazione ad uno stile di vita corretto e ad una dieta ricca digrassi insaturi come quella mediterranea, possa rappresentare una strategia efficace per ritardare o prevenire l’insorgenza di diabete di tipo 2, oltre che di altre patologie croniche.
Cioccolato, tè, vino e capacità cognitive in una popolazione di donne anziane
Nurk E, Refsum H, Drevon CA, Tell GS, Nygaard HA, Engedal K, Smith AD.
J Nutr. 2009 Jan;139(1):120-7. Epub 2008 Dec 3.
Numerosi studi hanno confermato che la composizione in macronutrienti della dieta può influenzare la performance cognitiva. Oggi tuttavia vi è un grande interesse per il ruolo svolto dai micronutrienti della dieta nel decadimento delle capacità cognitive correlato all’età. In particolare i flavonoidi, potenti antiossidanti, sono presenti in concentrazioni elevate nel te, nel vino rosso e nel cioccolato.
In questo ampio studio osservazionale più di 2000 donne norvegesi, di età compresa tra 70 e 74 anni, sono state sottoposte ad un'ampia valutazione cognitiva, i cui risultati sono stati correlati con le abitudini alimentari in termini di consumo di te, vino o cioccolato. Unacorrelazione positiva e dose-dipendente è stata osservata tra performance intellettuale e consumo di ognuno di questi tre alimenti. L’effetto protettivo massimo è stato osservato con 10 g al giorno di cioccolato e con 75-100 ml al giorno di vino, mentre per il te è stato rilevato un aumento lineare e più modesto anche al di sopra dei 200 ml. Tra i soggetti con il migliore punteggio dei test cognitivi è stata riscontrata una minore probabilità di casi con scarsa performance. I risultati migliori sono emersi dallo studio delle donne che consumavano tutti e tre gli alimenti, tra i quali il vino a dosi moderate (circa un bicchiere al giorno). Infatti l’alcol ad alte dose è considerato una delle principali cause di demenza.
In conclusione il consumo di alimenti ricchi in flavonoidi migliora le capacità cognitive dell’anziano.
In questo ampio studio osservazionale più di 2000 donne norvegesi, di età compresa tra 70 e 74 anni, sono state sottoposte ad un'ampia valutazione cognitiva, i cui risultati sono stati correlati con le abitudini alimentari in termini di consumo di te, vino o cioccolato. Unacorrelazione positiva e dose-dipendente è stata osservata tra performance intellettuale e consumo di ognuno di questi tre alimenti. L’effetto protettivo massimo è stato osservato con 10 g al giorno di cioccolato e con 75-100 ml al giorno di vino, mentre per il te è stato rilevato un aumento lineare e più modesto anche al di sopra dei 200 ml. Tra i soggetti con il migliore punteggio dei test cognitivi è stata riscontrata una minore probabilità di casi con scarsa performance. I risultati migliori sono emersi dallo studio delle donne che consumavano tutti e tre gli alimenti, tra i quali il vino a dosi moderate (circa un bicchiere al giorno). Infatti l’alcol ad alte dose è considerato una delle principali cause di demenza.
In conclusione il consumo di alimenti ricchi in flavonoidi migliora le capacità cognitive dell’anziano.
Caffeina, alcol e fumo di sigaretta e rischio di incidenza del carcinoma ovarico
Tworoger SS, Gertig DM, Gates MA, Hecht JL, Hankinson SE. Cancer. 2008 Mar 1;112(5):1169-77
La correlazione tra fattori modificabili quali il fumo di sigaretta, il consumo di alcol e lacaffeina, e rischio di sviluppo del carcinoma ovarico non è ancora chiaramente definita. L’influenza di questi fattori sull’incidenza di cancro ovarico è stata esaminata nello studio prospettico Nurses’ Health Study (NHS) in circa 200.000 donne bianche. I ricercatori dello studio NHS hanno evidenziato come un maggior consumo di caffeina e bevande contenenticaffeina sia associato ad un minor rischio di carcinoma ovarico; questa correlazione inversa si è osservata soprattutto in donne che non hanno mai assunto contraccettivi orali o terapie ormonali in menopausa. Quest’ultima evidenza è probabilmente legata all’interferenza degli estrogeni, soprattutto l’estradiolo, con il metabolismo della caffeina. La possibilità che lacaffeina possa ridurre il rischio di cancro ovarico necessita comunque di ulteriori studi inclusa la valutazione del potenziale meccanismo biologico.
A supporto di precedenti studi, lo studio NHS non ha inoltre evidenziato alcuna correlazionetra l’esposizione al fumo di sigaretta e il rischio di sviluppare il cancro ovarico, ma ha tuttavia messo in luce una correlazione tra il fumo di sigaretta e il rischio di tumori ovarici mucinosi. Infine questo studio, come altri studi prospettici, riporta come anche il consumo di alcol non abbia un sostanziale impatto sull’incidenza del carcinoma ovarico.
A supporto di precedenti studi, lo studio NHS non ha inoltre evidenziato alcuna correlazionetra l’esposizione al fumo di sigaretta e il rischio di sviluppare il cancro ovarico, ma ha tuttavia messo in luce una correlazione tra il fumo di sigaretta e il rischio di tumori ovarici mucinosi. Infine questo studio, come altri studi prospettici, riporta come anche il consumo di alcol non abbia un sostanziale impatto sull’incidenza del carcinoma ovarico.
Noci e diabete di tipo 2
Tapsell LC, Batterham MJ, Teuss G, Tan S-Y, Dalton S, Quick CJ, Gillen LJ and Charlton KE.
European Journal of Clinical Nutrition (2009), advance online publication, 8 April 2009
I grassi assunti con la dieta influenzano la composizione del grasso corporeo e modulano i livelli di alcuni ormoni regolatori, come la leptina e l’insulina, e di parametri metabolici come il profilo lipidico e la glicemia. In particolare il consumo elevato di noci, fonte di acidi grassi insaturi, comporta l’aumento delle concentrazioni circolanti non solo dell’acido grasso omega 3 alfa linolenico, del quale sono particolarmente ricche, ma anche del suo prodotto metabolico EPA (acido eicosapentaenoico), presente in quantità rilevanti soprattutto nei pesci dei mari freddi, con conseguenti potenziali benefici attribuibili a questo composto.
In questo studio 50 pazienti sovrappeso affetti da diabete di tipo 2 sono stati divisi in due gruppi trattati per un anno con una dieta ipolipidica finalizzata al controllo del peso, con o senza l’aggiunta di 30 grammi di noci al giorno. In entrambi i gruppi sono stati rilevati, già dopo soli 3 mesi di dieta, un modesto calo ponderale ed il miglioramento dei parametri clinici. Tuttavia solo la supplementazione con le noci è risultata associata a livelli di assunzione più elevati, e quindi a maggiori concentrazioni circolanti, di acidi grassi polinsaturi, e a ridotti valori di insulina a digiuno. Questi risultati suggeriscono che il consumo di noci possa essere efficace anche nel controllo metabolico della patologia diabetica.
In questo studio 50 pazienti sovrappeso affetti da diabete di tipo 2 sono stati divisi in due gruppi trattati per un anno con una dieta ipolipidica finalizzata al controllo del peso, con o senza l’aggiunta di 30 grammi di noci al giorno. In entrambi i gruppi sono stati rilevati, già dopo soli 3 mesi di dieta, un modesto calo ponderale ed il miglioramento dei parametri clinici. Tuttavia solo la supplementazione con le noci è risultata associata a livelli di assunzione più elevati, e quindi a maggiori concentrazioni circolanti, di acidi grassi polinsaturi, e a ridotti valori di insulina a digiuno. Questi risultati suggeriscono che il consumo di noci possa essere efficace anche nel controllo metabolico della patologia diabetica.
Consumo di merluzzo e calo ponderale
Ramel A, Jonsdottir MT, Thorsdottir I.
Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2009 Dec;19(10):690-6.
I benefici del consumo di pesce sono in buona parte attribuibili al contenuto in acidi grassi omega 3 a lunga catena, EPA e DHA, dei quali sono ricchi soprattutto i pesci più grassi. I pesci magri, come il merluzzo, apportano quantità di omega 3 ridotte e insufficienti per ottenere la dose giornaliera raccomandata. Il consumo di pesce magro, ricco di proteine, è stato d’altra parte associato ad un migliore controllo del peso, e ad effetti positivi sia sui lipidi ematici che sullo stress ossidativo.
Nello studio SEAFOODplus YOUNG, 126 soggetti di età compresa tra 20 e 40 anni, sovrappeso od obesi, hanno assunto tre diete ipocaloriche simili per composizione in macronutrienti ma diverse per numero di porzioni settimanali di merluzzo (da 150 g ciascuna): nessuna, 3 e 5. Dopo 8 settimane nella popolazione allo studio sono state osservate riduzione del peso, dell’indice di massa corporea, della circonferenza addominale, della pressione sistolica e diastolica, dei livelli di trigliceridi, dell’insulinemia, assieme ad una riduzione della prevalenza di sindrome metabolica (dal 29% iniziale al 21%). I pazienti che avevano consumato 5 porzioni di merluzzo hanno tuttavia perso mediamente 1,7 kg in più rispetto ai soggetti a dieta isocalorica ma priva di pesce.
Secondo gli autori di questa ricerca il consumo di merluzzo nell’ambito di una dieta ipocalorica ne aumenta l’efficacia in termini di riduzione del peso, senza tuttavia apportare ulteriori benefici sugli altri fattori di rischio cardiovascolare, il cui miglioramento sembra dipendere dal calo ponderale in sé piuttosto che dall’apporto di pesce.
Nello studio SEAFOODplus YOUNG, 126 soggetti di età compresa tra 20 e 40 anni, sovrappeso od obesi, hanno assunto tre diete ipocaloriche simili per composizione in macronutrienti ma diverse per numero di porzioni settimanali di merluzzo (da 150 g ciascuna): nessuna, 3 e 5. Dopo 8 settimane nella popolazione allo studio sono state osservate riduzione del peso, dell’indice di massa corporea, della circonferenza addominale, della pressione sistolica e diastolica, dei livelli di trigliceridi, dell’insulinemia, assieme ad una riduzione della prevalenza di sindrome metabolica (dal 29% iniziale al 21%). I pazienti che avevano consumato 5 porzioni di merluzzo hanno tuttavia perso mediamente 1,7 kg in più rispetto ai soggetti a dieta isocalorica ma priva di pesce.
Secondo gli autori di questa ricerca il consumo di merluzzo nell’ambito di una dieta ipocalorica ne aumenta l’efficacia in termini di riduzione del peso, senza tuttavia apportare ulteriori benefici sugli altri fattori di rischio cardiovascolare, il cui miglioramento sembra dipendere dal calo ponderale in sé piuttosto che dall’apporto di pesce.
Le spezie riducono l'ossidazione durante la cottura della carne
Li Z, Henning SM, Zhang Y, Zerlin A, Li L, Gao K, Lee RP, Karp H, Thames G, Bowerman S, Heber D.
Am J Clin Nutr. 2010 May;91(5):1180-4.
Durante la cottura degli alimenti si possono formare dei prodotti dell’ossidazione che, una volta assorbiti, sono in grado di promuovere la perossidazione lipidica. In particolare le concentrazioni nelle urine e nel plasma di malondialeide, un prodotto dell’ossidazione dell’acido arachidonico, che può essere coinvolta nei processi di aterogenesi e cancerogenesi, possono indicare i livelli di composti ossidati ingeriti con i cibi.
In questo studio è stato valutato l’effetto dell’aggiunta di spezie ad alto contenuto di polifenoli, note sostanze antiossidanti, sulla produzione di malondialdeide durante la cottura di hamburger. Undici volontari sani hanno consumato due pasti a base di hamburger normali e hamburger preparati con una miscela di spezie ricche di antiossidanti e in particolare di acido rosmarinico presente nell’origano e nel rosmarino. Il contenuto di malondialdeide è stato quantificato nelle due tipologie di pasto e dopo l’ingestione è stata valutata la concentrazione di malondialdeide nel plasma e nelle urine di ciascun soggetto. Il contenuto di malondialdeide è risultato ridotto del 71% negli hamburger cotti con le spezie rispetto a quelli che ne erano privi. Le concentrazioni plasmatiche di malondialdeide erano maggiori dopo il consumo degli hamburger ricchi di antiossidanti e associate ad un incremento dell’escrezione urinaria del 50% (P=0.021).
Complessivamente i risultati dello studio suggeriscono l’efficacia delle spezie ricche in polifenoli nel controllo della formazione di prodotti della perossidazione lipidica e quindi nella riduzione del rischio di sviluppare tumori e aterosclerosi.
In questo studio è stato valutato l’effetto dell’aggiunta di spezie ad alto contenuto di polifenoli, note sostanze antiossidanti, sulla produzione di malondialdeide durante la cottura di hamburger. Undici volontari sani hanno consumato due pasti a base di hamburger normali e hamburger preparati con una miscela di spezie ricche di antiossidanti e in particolare di acido rosmarinico presente nell’origano e nel rosmarino. Il contenuto di malondialdeide è stato quantificato nelle due tipologie di pasto e dopo l’ingestione è stata valutata la concentrazione di malondialdeide nel plasma e nelle urine di ciascun soggetto. Il contenuto di malondialdeide è risultato ridotto del 71% negli hamburger cotti con le spezie rispetto a quelli che ne erano privi. Le concentrazioni plasmatiche di malondialdeide erano maggiori dopo il consumo degli hamburger ricchi di antiossidanti e associate ad un incremento dell’escrezione urinaria del 50% (P=0.021).
Complessivamente i risultati dello studio suggeriscono l’efficacia delle spezie ricche in polifenoli nel controllo della formazione di prodotti della perossidazione lipidica e quindi nella riduzione del rischio di sviluppare tumori e aterosclerosi.
Varietà di frutta e verdura e riduzione del rischio di cancro al polmone nei fumatori
Büchner FL, Bueno-de-Mesquita HB, Ros MM, Overvad K, Dahm CC, Hansen L, Tjønneland A, Clavel-Chapelon F, Boutron-Ruault MC, Touillaud M, Kaaks R, Rohrmann S, Boeing H, Nöthlings U, Trichopoulou A, Zylis D, Dilis V, Palli D, Sieri S, Vineis P, Tumino R
Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2010 Sep;19(9):2278-86. Epub 2010 Aug 31.
Numerose evidenze epidemiologiche supportano la relazione tra il consumo di grandi quantità di frutta e verdura e la riduzione del rischio di sviluppare neoplasie polmonari, anche nei soggetti fumatori. Tuttavia non sono disponibili informazioni sui potenziali benefici delle diverse varietà dei cibi di origine vegetale per la prevenzione di questo tipo di tumore, già dimostrati invece per altri tipi di neoplasie. Questa ipotesi, verificata nell’ambito dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) è basata sul concetto che l’azione antitumorale sia probabilmente legata a più composti biologicamente attivi contenuti nei vegetali.
Dopo un follow up di circa 9 anni, tra i 452187 soggetti arruolati per lo studio, di età compresa tra 25 e 70 anni, sono stati registrati 1613 casi di neoplasia polmonare primitiva. L’analisi dei dati ottenuti stratificando la popolazione in base alla frequenza del consumo di qualità diverse di frutta e verdura con la dieta, ha permesso di rilevare una correlazioneinversa tra la varietà dei sottogruppi di verdure assunte e il rischio di sviluppare un tumore polmonare che in particolare era ridotto di più del 20% nel quartile con maggiore varietà di verdure rispetto a quello con varietà minore. La correlazione era limitata ai soggetti che avevano fumato regolarmente durante lo studio e non era valida né per i non fumatori né per coloro che avevano smesso. Valutando separatamente i diversi tipi di neoplasia, il rischio di carcinoma a cellule squamose è risultato ridotto nei fumatori che assumevano una maggiore varietà sia di frutta che di verdura (considerate in combinazione o separatamente).
Questo studio dimostra che la varietà dei cibi vegetali abitualmente consumati ha un effetto protettivo nei confronti del rischio di neoplasie polmonari nei fumatori, ed in particolare che la riduzione del rischio di carcinoma a cellule squamose è inversamente correlata alla varietà delle qualità di frutta e verdura assunte con la dieta.
Dopo un follow up di circa 9 anni, tra i 452187 soggetti arruolati per lo studio, di età compresa tra 25 e 70 anni, sono stati registrati 1613 casi di neoplasia polmonare primitiva. L’analisi dei dati ottenuti stratificando la popolazione in base alla frequenza del consumo di qualità diverse di frutta e verdura con la dieta, ha permesso di rilevare una correlazioneinversa tra la varietà dei sottogruppi di verdure assunte e il rischio di sviluppare un tumore polmonare che in particolare era ridotto di più del 20% nel quartile con maggiore varietà di verdure rispetto a quello con varietà minore. La correlazione era limitata ai soggetti che avevano fumato regolarmente durante lo studio e non era valida né per i non fumatori né per coloro che avevano smesso. Valutando separatamente i diversi tipi di neoplasia, il rischio di carcinoma a cellule squamose è risultato ridotto nei fumatori che assumevano una maggiore varietà sia di frutta che di verdura (considerate in combinazione o separatamente).
Questo studio dimostra che la varietà dei cibi vegetali abitualmente consumati ha un effetto protettivo nei confronti del rischio di neoplasie polmonari nei fumatori, ed in particolare che la riduzione del rischio di carcinoma a cellule squamose è inversamente correlata alla varietà delle qualità di frutta e verdura assunte con la dieta.
Dott.ssa Marina Mautone - N. Iscrizione Ordine Nazionale dei Biologi: 057846 - P.IVA: 05793751214